giovedì 3 novembre 2011

Costruire il Sangha di Thich Nhat Hanh




Costruire il Sangha di Thich Nhat Hanh


Ogni volta che vedo una persona senza radici, mi appare come uno spirito affamato. Nella mitologia buddhista, il termine 'spirito affamato' è usato per descrivere un'anima vagabonda che soffre tremendamente per la fame e la sete, ma la cui gola è troppo stretta perché cibo e bevande possano passarci. In occasione della luna piena del settimo mese lunare, in Vietnam, siamo soliti offrire cibo e bevande agli spiriti affamati. Sappiamo che è molto difficile che possano ricevere le nostre offerte, e quindi cantiamo il Mantra per Espandere la Gola degli Spiriti Affamati. Ci sono tantissimi spiriti affamati, e le nostre case sono piccole, perciò disponiamo tutte le offerte nel cortile.

Gli spiriti affamati desiderano ardentemente di essere amati, eppure è possibile che non riescano a ricevere il nostro amore e le nostre premure, nonostante tutti i nostri sforzi. È probabile che si rendano conto che la vita è magnifica, ma non sono in grado di toccare questa bellezza. Sembra che ci sia qualcosa che impedisca loro di toccare gli elementi benefici e salutari della vita. Non riescono a fare altro che dimenticare la vita, e si dedicano all'alcol, alle droghe o al sesso per riuscirci meglio. Se diciamo: "Non fate così", non reagiscono. Ne hanno abbastanza delle ammonizioni. Hanno bisogno di qualcosa in cui credere, qualcosa che possa dimostrare che la vita ha un senso. Tutti noi ne abbiamo bisogno. Per aiutare uno spirito affamato, dobbiamo ascoltarlo in consapevolezza, creare un'atmosfera famigliare e fraterna, e quindi permettergli di sperimentare qualcosa di buono, bello e vero, in cui possa credere.

Un pomeriggio al Plum Village ho visto una donna che sembrava proprio uno spirito affamato. Il Plum Village era stupendo in quella stagione: i fiori sbocciavano e tutti sorridevano, ma quella donna non poteva entrare in contatto con niente. Potevo percepire il suo dolore, la sua sofferenza. Camminava per conto suo, e sembrava morire di solitudine a ogni passo. Era venuta al Plum Village per stare con gli altri, ma da quando era arrivata non era riuscita ad aggregarsi a nessuno.

La nostra società produce milioni di spiriti affamati, persone di ogni età che sono completamente prive di radici: ho visto degli spiriti affamati che non avevano nemmeno dieci anni. Non si sono mai sentiti felici a casa propria, e non hanno niente in cui credere o a cui appartenere. Questa è la peggiore malattia della nostra epoca. Come puoi sopravvivere se non hai niente in cui credere? Come puoi trovare l'energia per sorridere o toccare un bel tiglio o il cielo splendido? Sei perduto, e vivi senza alcun senso di responsabilità. L'alcol e le droghe completano la distruzione del tuo corpo.

Il governo crede che per risolvere il problema della droga si debba impedire che queste sostanze vengano contrabbandate nel paese, e arrestare chi le vende o ne fa uso. Però la disponibilità delle sostanze stupefacenti è solo una causa secondaria del problema. La causa principale è la mancanza di un senso, un significato, nella vita di un gran numero di persone: la mancanza di qualcosa in cui credere. Se siete dediti alle droghe o all'alcol, è perché non siete felici, non accettate voi stessi, la vostra famiglia, la vostra società e tradizione, e volete fare a meno di tutto ciò.

Dobbiamo trovare il modo di ricostruire le fondamenta delle nostre comunità e offrire agli altri qualcosa in cui credere. Quanto vi è stato offerto in passato forse era troppo astratto, e magari vi è stato imposto con violenza. Forse eravate certi che la scienza avrebbe portato il benessere e il marxismo avrebbe prodotto giustizia sociale, e le vostre ideologie sono andate in frantumi. Era troppo piccolo persino il Dio a cui vi rivolgevate nelle vostre preghiere, lo stesso Dio invocato dal presidente Bush per aiutare gli Stati Uniti a sconfiggere l'Iraq. Molti tra quanti rappresentavano la vostra tradizione non l'avevano approfondita a sufficienza per sperimentarne gli aspetti più profondi: non potevano fare altro che parlare in suo nome e spingervi a credere, e vi siete sentiti soffocare.

La consapevolezza è qualcosa in cui si può credere. È la nostra capacità di essere attenti a ciò che sta accadendo nel momento presente. Credere nella consapevolezza è sicuro, e nient'affatto astratto. Quando beviamo un bicchier d'acqua sapendo che stiamo bevendo un bicchier d'acqua, ecco la presenza della consapevolezza. Quando sediamo, camminiamo, stiamo in piedi o respiriamo e siamo consapevoli di quello che stiamo facendo, tocchiamo i semi della consapevolezza in noi e, dopo qualche giorno, la consapevolezza sarà già diventata molto forte. La consapevolezza è quella luce interiore che ci rivela il sentiero. È il Buddha vivente in ognuno di noi. La consapevolezza dà origine alla comprensione, al risveglio, alla compassione e all'amore.

Non solo i buddhisti, ma anche i cristiani, gli ebrei, i musulmani e i marxisti possono accettare che in ognuno di noi ci sia la capacità di essere consapevoli, che in ogni essere sia presente il seme della consapevolezza. Se sappiamo come innaffiare questo seme, tornerà a vivere e crescerà e ci consentirà di godere di tutte le meraviglie della vita. So di molte famiglie che stavano per spaccarsi e nelle quali la pratica della consapevolezza ha permesso di recuperare l'armonia. Per questo, se mi chiedeste in che cosa io creda, risponderei che credo nella consapevolezza. La fede è il primo dei cinque poteri insegnati dal Buddha. Il secondo è l'energia, il terzo la consapevolezza, il quarto la concentrazione e il quinto la comprensione. Se non avete fiducia, se non credete in niente, siete privi di energia. Per questo la fede produce energia. Un buon amico è qualcuno in grado di ispirare fiducia.

Toccando il terreno, possiamo percepire la stabilità della Terra. Possiamo anche sentire la stabilità della luce del sole, dell'aria, degli alberi: possiamo essere certi che il sole domattina sorgerà e che gli alberi saranno qui, per noi. Dobbiamo riporre la nostra fiducia in qualcosa di stabile. Se intendiamo costruire una casa, cerchiamo un terreno solido su cui edificarla. Pronunciando la frase: "Prendo rifugio nel Sangha", intendiamo che riponiamo la nostra fiducia in una comunità di amici praticanti che possiedono la qualità della solidità. Un insegnante può essere importante e così l'insegnamento, ma gli amici sono l'elemento più importante della pratica. Senza un Sangha praticare diventa difficile, quasi impossibile.

Guardando in profondità per poter scoprire il nostro vero sé, ci rendiamo conto che ciò che chiamiamo 'io' è costituito interamente di elementi di non-io. Il nostro corpo e la nostra mente hanno le loro radici nella società, nella natura e in coloro che amiamo. Tra noi c'è qualcuno che forse non ama parlare o pensare riguardo alle proprie radici, perché ha sofferto molto a causa della violenza presente nella famiglia e nella società. Vorrebbe lasciarsi tutto ciò alle spalle e cercare qualcosa di nuovo. È facile comprendere perché si senta così, ma, praticando il guardare in profondità, può rendersi conto che gli antenati e le tradizioni sono ancora presenti. Possiamo provare rabbia nei loro confronti, ma le radici sono sempre là, e ci chiedono di tornare indietro e di condividere le loro gioie e i loro dolori. Non abbiamo scelta: dobbiamo entrare in contatto con le radici presenti in noi stessi. Nell'istante stesso in cui le ritroviamo, avviene in noi una trasformazione, e i nostri dolori cominciano a sciogliersi e scomparire. Ci rendiamo conto di essere un elemento di continuazione dei nostri antenati e anche il sentiero per le future generazioni.

Non è possibile gettare via qualcosa e correre appresso a qualcos'altro. Che la nostra tradizione sia cristiana, giudaica, islamica o altro ancora, siamo comunque tenuti a studiare la cultura degli antenati e a trarne il meglio per noi stessi e per i nostri bambini. Dobbiamo vivere in modo tale da permettere agli antenati presenti in noi di essere liberati. Nel momento in cui riusciamo a offrire gioia, pace, libertà e armonia ai nostri antenati, offriamo contemporaneamente gioia, pace, libertà e armonia a noi stessi, ai nostri figli e alle future generazioni.

Molte persone hanno subito ferite e violenze dai loro genitori, e molti di più sono coloro che sono stati duramente criticati e persino ripudiati. Ora nella coscienza deposito di queste persone c'è un numero tale di semi di infelicità che non vogliono nemmeno sentir nominare il nome del padre o della madre. Quando incontro un essere umano in queste condizioni, gli offro sempre la meditazione del bambino di cinque anni, che è un massaggio di consapevolezza. "Inspirando, io mi vedo come un bambino di cinque anni. Espirando, sorrido al bambino di cinque anni che è in me". Durante questa meditazione, cercate di vedervi come un bambino di cinque anni. Se guardate in profondità in quel bambino, scoprite che siete vulnerabili e che potete essere feriti molto facilmente. Un'occhiata severa o un urlo possono creare delle formazioni psichiche nella vostra coscienza deposito. Se i genitori litigano e sbraitano uno contro l'altro, il vostro bambino di cinque anni riceve un bel po' di semi di sofferenza. Molti giovani mi hanno detto: "Il miglior regalo che i miei genitori possono farmi è la loro stessa felicità". Vivendo nell'infelicità, vostro padre vi ha causato molta sofferenza. Ora vi state visualizzando come un bambino di cinque anni. Quando sorridete a quel bambino, sorridete con compassione: "Ero così giovane e fragile, e ho ricevuto molto dolore".

Per il giorno dopo consiglierei quest'altra pratica: "Inspirando, vedo mio padre come un bambino di cinque anni. Espirando, sorrido a quel bambino con compassione". Non siamo abituati a vedere nostro padre come un bambino di cinque anni. Pensiamo che sia sempre stato un adulto, austero e autoritario. Non ci siamo presi la briga di vederlo come un giovane fragile che poteva anche lui essere facilmente ferito dagli altri. Quindi la pratica consiste nel visualizzare vostro padre come un bambino di cinque anni che può essere facilmente ferito, fragile e vulnerabile. Potete cercare nell'album di famiglia una foto di vostro padre da piccolo e studiarla, se ciò può esservi d'aiuto. Quando sarete in grado di vederlo come un essere vulnerabile, comprenderete che può essere stato vittima di suo padre. Se ha ricevuto troppi semi di sofferenza dal proprio padre, è ovvio che non abbia saputo quale fosse il modo migliore di comportarsi col proprio figlio. Quindi a sua volta vi ha fatto soffrire, e il ciclo del samsara continua. Se non praticate la consapevolezza siete pronti a ripetere gli stessi errori con i vostri figli. Nel momento in cui vedete vostro padre come una vittima, nel vostro cuore nasce la compassione. Sorridendogli con compassione, iniziate ad abbracciare il vostro dolore con consapevolezza e comprensione. Praticate in questo modo per più ore, o giorni, e la rabbia nei suoi confronti si dissolverà. Un giorno, gli sorriderete di persona e lo abbraccerete, dicendogli: "Ti capisco, papà. Hai sofferto molto durante la tua infanzia".

Attraverso la meditazione, riscopriamo il valore delle nostre famiglie e delle nostre radici, compresi quei tesori che sono stati sepolti da anni di sofferenza. Ogni tradizione possiede delle gemme, il frutto di migliaia di anni di pratica. Ora ci sono state trasmesse, e non possiamo ignorarle o negarle. Anche il cibo di cui ci nutriamo ha in sé i nostri antenati e i nostri valori culturali. Come possiamo affermare che non abbiamo niente a che vedere con la nostra cultura? Possiamo invece trovare delle forme per onorare la nostra tradizione, così come tutte le altre. La meditazione ci insegna a rimuovere le barriere, i limiti e le discriminazioni che ci impediscono di vedere gli elementi di non-sé contenuti nel sé. Con la pratica, riusciamo a superare il pericolo della disgregazione e quindi a creare un mondo di pace per i nostri figli. Le divisioni tra i popoli, le nazioni e le religioni hanno contribuito molto alla nostra sofferenza durante i secoli. Siamo tenuti a praticare in modo da sciogliere le tensioni in noi e tra i popoli, così che si produca quell'apertura necessaria per potere godere della presenza reciproca come fratelli e sorelle. Quale che sia la vostra tradizione di pratica, se arrivate a comprendere la natura dell'inter-essere, questa è vera meditazione.

Qualcuno, qualche spirito affamato, è così sradicato che non è più possibile chiedergli di ritornare alle proprie radici, almeno non subito. Dobbiamo aiutarlo offrendogli un'alternativa, una seconda possibilità. Le persone di questo tipo vivono ai margini della società e, come alberi senza radici, non possono assorbire il nutrimento. Ho incontrato dei praticanti che meditano da vent'anni, eppure non sono ancora capaci di trasformarsi perché sono così sradicati. La nostra pratica consiste nell'aiutarli a produrre qualche radice, a creare un ambiente in cui ciò possa accadere.

In Asia ci siamo sforzati di modellare le comunità di pratica sulla base delle famiglie. Tra di noi ci chiamiamo fratelli e sorelle nel Dharma, zii e zie nel Dharma, inoltre chiamiamo il nostro maestro padre o madre nel Dharma. I bambini del Plum Village mi chiamano 'Nonno Maestro'. Mi comporto con loro come un nonno, non come qualcuno estraneo alla famiglia. In un centro di pratica dovrebbe esserci questo tipo di calore, questa specie di atmosfera famigliare che potrà continuare a nutrirci. Nel contesto di una famiglia spirituale abbiamo una reale opportunità, una seconda possibilità di radicarci. I membri del Sangha sanno che siamo in cerca di amore e ci trattano nel modo migliore per aiutarci a stabilirci in questa seconda famiglia. Fanno del loro meglio per prendersi cura di noi, comportandosi come se fossero nostra sorella o nostro fratello. Dopo tre, forse sei mesi, nel momento in cui può essere percepita e riconosciuta una vera amicizia tra noi e un altro membro del Sangha, nasce un sorriso sulle nostre labbra: tutti sanno allora che stiamo cominciando a fare dei progressi e che la trasformazione ora è possibile. Stiamo iniziando a produrre nuove radici.

Le relazioni interpersonali sono una chiave per il successo nella pratica. La trasformazione è improbabile senza una relazione intima e profonda con almeno una persona. Dall'aiuto di una persona ricevete stabilità e sostegno, e in seguito potrete stabilire una relazione con una terza persona, fino a diventare fratello o sorella di ogni membro del Sangha. Dimostrate la vostra volontà e capacità di vivere in pace e armonia con tutto il Sangha.

È un mio desiderio profondo che le comunità di pratica in Occidente siano organizzate in questo modo, costruite come famiglie in un'atmosfera amichevole e calda, tale da permettere alle persone il successo nella pratica. Un Sangha in cui ogni persona è un'isola, priva di comunicazioni con gli altri, non è di nessun aiuto. Non è che una serie di alberi senza radici. In quest'atmosfera non è possibile produrre la trasformazione e la guarigione. Dobbiamo essere radicati se vogliamo avere la possibilità di imparare a praticare la meditazione.

La famiglia nucleare è un'invenzione piuttosto recente. Oltre al padre e alla madre ci sono solo uno o due bambini. Talvolta, in una famiglia così piccola, non c'è abbastanza aria per respirare. Quando ci sono dei problemi tra il padre e la madre, tutta la famiglia ne subisce le conseguenze. L'atmosfera in casa diventa pesante e non ci sono vie di scampo. Qualche volta il figlio può chiudersi in bagno per starsene in pace, ma questa non è una soluzione: l'atmosfera pesante permea anche il bagno. In questo modo il bambino cresce accumulando molti semi di sofferenza che poi trasmetterà ai suoi figli.

Una volta zii e zie, nonni e cugini vivevano tutti insieme. Le case erano circondate da alberi ai quali si potevano appendere le amache, c'era lo spazio per organizzare qualche picnic, e le persone non avevano tutti quei problemi di cui soffrono oggi. Quando sorgeva qualche problema tra i genitori, i bambini potevano sempre sfuggire alla situazione rifugiandosi da una zia o uno zio. C'era sempre qualcuno in grado di occuparsi di loro e l'ambiente non era mai così minaccioso. Credo che una comunità che pratica un vivere consapevole possa sostituire le grandi famiglie di una volta, perché quando ci trasferiamo in queste comunità vediamo molti zii, zie e cugini disposti ad aiutarci.

È davvero meraviglioso avere una comunità dove le persone si riuniscono come fratelli e sorelle nel Dharma e dove i bambini hanno molti zii e zie. Dobbiamo imparare a creare questa specie di famiglia. Dobbiamo considerare nostri fratelli e sorelle tutti i membri della comunità. Questo fa già parte della tradizione orientale, e può essere appreso dagli occidentali. Possiamo prendere il meglio dalle due culture.

Qui in Occidente ci sono molti genitori single. Anche un genitore single può trarre beneficio da una comunità di pratica. Potrebbe forse pensare che per avere più stabilità sia necessario risposarsi, ma io non sono d'accordo. Può darsi che abbiate più stabilità ora, per conto vostro, che non quando stavate con il vostro partner. L'irrompere di un'altra persona nella vostra vita potrebbe distruggere il vostro equilibrio attuale. È estremamente importante che vi rifugiate in voi stessi e che riconosciate la stabilità che già possedete. Così facendo, acquisite maggiore stabilità, e vi trasformate in un rifugio per vostro figlio e per i vostri amici. Quindi, per prima cosa rendetevi stabili e abbandonate l'idea di non poter essere voi stessi se non state con qualcuno. Bastate a voi stessi. Trasformandovi in un eremitaggio confortevole, con aria, luce e ordine, cominciate a sperimentare pace, gioia e felicità; diventate inoltre qualcuno su cui gli altri possono fare affidamento. Vostro figlio e i vostri amici possono contare su di voi.

Quindi, per prima cosa, tornate al vostro eremitaggio e mettetelo tutto in ordine all'interno. Potete trarre beneficio dalla luce del sole, dagli alberi e dalla Terra. Aprite le finestre in modo che questi elementi salutari e stabili possano entrare, e fondetevi col vostro ambiente. Quando elementi di instabilità provano a entrare nel vostro eremitaggio, chiudete le finestre e non lasciate che si intrufolino. Se tuoni, venti impetuosi o un gran calore vogliono disturbarvi, sbarrategli l'accesso. Essere un rifugio per se stessi è una pratica fondamentale. Non fate affidamento su persone che non conoscete abbastanza, su chi potrebbe essere instabile. Tornate a voi stessi e rifugiatevi nel vostro stesso eremitaggio.

Se sei una madre che sta allevando il proprio figlio da sola, devi imparare come farlo. Devi saper essere anche un padre, altrimenti continuerai ad aver bisogno di qualcuno che ricopra questo ruolo per tuo figlio, e perderai la tua sovranità, il tuo eremitaggio. È un buon segno se puoi dire: "Posso imparare a essere sia il padre sia la madre di mio figlio. Posso riuscirci da sola, con il sostegno degli amici e della comunità".

L'amore del padre è diverso da quello della madre. L'amore di una madre in un certo senso è incondizionato. Siete il figlio di vostra madre, e lei vi ama per questo. Non c'è nessun'altra ragione. Una madre si sforza di usare il proprio corpo e la propria mente per proteggere quella parte delicata e vulnerabile di se stessa. Tende a considerare il proprio figlio un'estensione di se stessa, uguale a se stessa. Ciò è positivo, ma può creare problemi nel futuro. Gradualmente, una madre deve imparare che suo figlio o sua figlia sono individui separati.

L'amore di un padre è un po' diverso. Il padre sembra dire: "Se fai così, riceverai il mio amore. Se non lo fai, non lo avrai". È una specie di accordo. È qualcosa che ho dentro anch'io. Sono capace di disciplinare i miei studenti, e sono anche capace di amarli come una madre. So che per una madre non è facile essere un padre, ma se avete un buon Sangha e buone relazioni con i membri del Sangha, questi saranno uno zio o una zia per vostro figlio. Un solo genitore può essere sufficiente nell'ambito di una comunità di pratica. Può essere in grado di svolgere entrambi i ruoli del padre e della madre, e può inoltre beneficiare dell'aiuto di qualcuno degli altri adulti.

I genitori single sono molto comuni in Occidente. Abbiamo bisogno di ritiri e seminari per stabilire i migliori metodi per educare i nostri bambini. Non accettiamo il modo tradizionale di essere genitori, ma allo stesso tempo non è ancora stato pienamente elaborato un nuovo modello. Dobbiamo attingere alle nostre esperienze e alla pratica, per poter delineare un'altra dimensione della vita del nucleo famigliare. Può essere davvero positivo mescolare la vita del nucleo famigliare alla vita della comunità di pratica, e cioè del Sangha. Potete portare spesso vostro figlio al centro di pratica, e beneficiare entrambi di quell'atmosfera positiva. Anche il centro di pratica trarrà vantaggio dalla vostra presenza. I bambini sono gioielli che ci aiutano a praticare. Se i bambini sono felici, tutti i genitori e i non genitori gioiranno nella pratica.

Trovarsi in un Sangha nel quale le persone praticano bene insieme è meraviglioso. Il modo nel quale ogni individuo cammina, mangia e sorride può essere veramente un sostegno per gli altri. Lei sta camminando per me, io sto sorridendo per lei, e lo facciamo insieme, come Sangha. Praticando insieme così, possiamo aspettarci una reale trasformazione interiore. Non c'è bisogno di praticare intensivamente o di sforzarci. Semplicemente, ci concediamo di stare in un buon Sangha, una comunità nella quale le persone sono felici e vivono profondamente ogni istante; così facendo la trasformazione si compirà naturalmente, senza troppa fatica.

Credo che l'arte più importante che possiamo apprendere sia quella del costruire il Sangha. Possiamo essere meditatori abili, esperti nei sutra, ma se non sappiamo come costruire un Sangha non siamo in grado di aiutare gli altri. Dobbiamo costruire un Sangha che sia felice, nel quale la comunicazione sia aperta. Dobbiamo prenderci cura di ogni persona, prestare attenzione al suo dolore, alle sue difficoltà, alle sue aspirazioni, alle sue paure e speranze, in modo da permetterle di sentirsi a proprio agio e felice. Per fare questo ci vuole tempo, energia e concentrazione.

Tutti noi abbiamo bisogno di un Sangha. Se non possiamo fruire della presenza di un buon Sangha, dovremmo impiegare il nostro tempo e la nostra energia per crearne uno. Che tu sia uno psicoterapeuta, un medico, un assistente sociale, un pacifista o un ambientalista, hai bisogno di un Sangha. Senza un Sangha non potrai trovare l'aiuto di cui hai bisogno, e molto presto le tue energie saranno esaurite. Uno psicoterapeuta può scegliere tra i suoi pazienti che hanno superato le loro difficoltà, e che riconoscono in lui un amico, un fratello o una sorella con il quale formare un gruppo di persone che possa praticare insieme come un Sangha, che possa stare insieme in pace e gioia, creando un'atmosfera famigliare. Avete bisogno di fratelli e sorelle nella pratica per poter ricevere nutrimento e sostegno. Un Sangha può aiutarvi nei momenti difficili. La vostra capacità di aiutare gli altri può essere misurata osservando chi vi sta intorno.

Ho incontrato alcuni psicoterapeuti che non sono felici nelle loro famiglie, e dubito seriamente che questi terapeuti possano esserci d'aiuto in caso di bisogno. Ho proposto che formino un Sangha. Tra i membri del Sangha ci sono persone che hanno tratto profitto dalla terapia, che sono guarite e sono diventate amiche del terapeuta. Sangha è incontrarsi e praticare insieme: respirare, vivere in consapevolezza, in pace, gioia e gentilezza amorevole. Questa potrebbe essere una sorgente di energia e di conforto per il terapeuta. Ognuno di noi deve imparare l'arte del costruire il Sangha, non solo i meditatori e i terapeuti. Non credo che possiate fare molta strada senza un Sangha. Io ricevo nutrimento dal mio Sangha. Ogni conquista del mio Sangha mi sostiene e mi da più forza.

Per costruire il Sangha, iniziate col trovare un amico che sia disposto a unirsi a voi nella meditazione seduta o camminata, nel recitare i precetti, nel praticare la meditazione del tè oppure nel discutere un argomento di dharma. Alla fine altri chiederanno di aggregarsi, e il vostro piccolo gruppo potrà incontrarsi una volta alla settimana o al mese in casa di qualcuno. Alcuni Sangha finiscono per trovare un terreno e trasferirsi in campagna per avviare un centro di ritiri. Naturalmente il vostro Sangha comprende anche gli alberi, gli uccelli, il cuscino di meditazione, la campana e persino l'aria che respirate: tutte cose che vi sostengono nella pratica. Trovarsi con persone che praticano profondamente insieme è un'opportunità rara. Il Sangha è un gioiello.

Si parte dall'idea di organizzare le cose nel miglior modo possibile per tutti. Non troverete mai un Sangha perfetto. È sufficiente un Sangha imperfetto. Invece di lamentarvi troppo del vostro Sangha, fate del vostro meglio per trasformarvi in un buon elemento del Sangha. Accettate il Sangha e costruite su queste fondamenta. Quando praticate insieme alla vostra famiglia cercando di vivere in consapevolezza, siete già un Sangha. Se vicino a casa c'è un parco nel quale potete portare i bambini per la meditazione camminata, quel parco fa parte del Sangha.

Un Sangha è anche una comunità che pratica la resistenza: resistenza alla fretta, alla violenza e ai modi malsani di vita che prevalgono nella nostra società. La consapevolezza è protezione di noi stessi e degli altri. Un buon Sangha può guidarci nella direzione dell'armonia e della consapevolezza.

L'essenza della pratica è di estrema importanza. La forma può essere adattata. Durante un ritiro al Plum Village, un sacerdote cattolico mi ha chiesto: "Thay, comprendo il valore della pratica della consapevolezza. Ho assaporato la gioia, la pace e la felicità che scaturiscono dalla pratica. Mi piacciono le campane, la meditazione del tè, il pranzo in silenzio e la camminata. La mia domanda è: come posso continuare a praticare una volta tornato alla mia chiesa?".
Gli ho risposto: "C'è una campana nella tua chiesa?".
Ha detto: "Sì".
"Suoni quella campana?".
"Sì".
"Allora suona la campana nello stesso modo nel quale la suoniamo qui. Fate un pranzo in comune nella tua parrocchia? Prendete il tè con i biscotti?".
"Sì".
"Allora, fatelo come lo facciamo qui, in consapevolezza. Non c'è nessun problema".

Tornando alla vostra tradizione, tornando al vostro Sangha, oppure anche iniziando con un nuovo Sangha, potete godervi qualsiasi cosa stiate facendo in consapevolezza. Non è necessario che rinneghiate la vostra tradizione o la vostra famiglia. Mantenete ogni cosa e introducetevi la consapevolezza, la pace e la gioia. I vostri amici capiranno il valore della pratica grazie a voi, non attraverso le vostre parole, ma attraverso il vostro essere.



Tratto da: Thich Nhat Hanh, Toccare la pace, Ed. Ubaldini

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